IL POTERE DEL VIAGGIO PARTE SECONDA
Dopo aver parlato del potere del viaggio PARTE PRIMA nell’articolo “Sii, viaggiare, evitando anche le buche più dure” eccoci al secondo livello….
…il secondo significato che assume per me la parola viaggio.
Il viaggio alla scoperta di sé.
Quello più “a portata di mano” eppure uno dei più difficili da intraprendere. Quello che spaventa forse più di tutti.
Spaventa ed attrae, è tanto desiderato quanto temuto.
Parlo di un lavoro di autoconsapevolezza che va dalla normale conoscenza di sé, di come si funziona nelle relazioni e nella vita, fino alla necessità di una psicoterapia, ossia di una consapevolezza che cura. Il cambiamento ne è la conseguenza, ma il punto di partenza, anche nelle psicoterapie, è il “conoscere”.
E dunque perché tante paure?
Molti miei pazienti hanno paura di scoprire di sé “cose brutte”, di iniziare un percorso che li porterà a scovare scheletri negli armadi, istinti animali repressi e ricordi bruttissimi rimossi.
Diciamo che se questo è il punto di partenza c’è un po’ di lavoro da fare di base per sfatare qualche mito. Il senso comune e alcuni stereotipi di Psicoterapia forse hanno contribuito a rendere temibile anziché desiderabile questo tipo di percorso.
Certo, spesso è un percorso difficile e doloroso, soprattutto all’inizio, ma si è inseriti in un ambiente ed in un rapporto protetti (Setting), ed è compito di chi vi accompagna in questo percorso far si che riaprire vecchi temi o ri-affrontare vecchi problemi non sia un ritraumatizzarsi, ma un risolvere una volta per tutte per poi superare. Oltre al fatto che non tutto ciò che si affronta porta a vissuti inconsci o a traumi rimossi, spesso occuparsi del presente fornisce già sufficiente materiale su cui lavorare senza dover per forza scavare. A meno che ciò non accada in maniera spontanea.
Insomma, è davvero un peccato che uno dei viaggi più affascinanti che si possano affrontare sia stato tanto demonizzato o ghettizzato come un “viaggio per i matti”. Purtroppo molti ancora si vergognano di andare da uno Psicologo o di quello che conoscenti e amici potrebbero pensare di loro.
Ed eccomi a scrivere, dunque, anche per contribuire a mettere in rete una testimonianza che trasmetta la ricchezza di questo viaggio e a condividere con chi legge una nuova cultura dell’aiuto psicologico.
Nella mia esperienza clinica in particolare il viaggio di ri-scoperta di sé, spesso, parte da situazioni di malattia oncologica, dunque in momenti in cui eventi concreti di vita arrivano a sconquassare equilibri raggiunti e impongono nuove ridefinizioni, nuovi equilibri.
Di fronte ad una diagnosi di tumore, di solito tutto si sconvolge e ciò che fino a poco prima si era abituati a considerare normale, viene messo in discussione. Non è più scontato.
Una nuova diagnosi significa paura, addirittura terrore, significa sentirsi a rischio per la propria vita e significa temere di trovarsi ad affrontare molte sofferenze fisiche e psicologiche/spirituali, di perdere tutto (indipendentemente dal tipo di malattia o dalla sua prognosi, ciò che la parola tumore evoca nella nostra mente è ancor oggi qualche cosa di estremamente spaventoso). Ma ecco che proprio da questi momenti di profonda crisi, per molti, si apre una nuova possibilità. Un momento di bilanci e scelte, una ridefinizione di sé appunto.
Spesso ci si scopre più forti di quanto si pensasse di essere (dopo la crisi) e si riesce a vedere che anche grazie alla difficilissima esperienza di malattia, si ha l’opportunità di farsi alcune domande che quando si sta bene non ci si fa.
Ecco allora che nonostante il terreno impervio anche questo viaggio alla scoperta di sé può rappresentare un miglioramento rispetto a come ci si sentiva o si viveva prima
Ma…a volte, da psicoterapeuta che lavora anche con persone che non hanno avuto problemi oncologici, mi ritrovo a chiedermi perché ci si debba scontrare con il rischio di morire prima di interrogarsi o prima di scegliere le priorità. Molti miei pazienti dopo la malattia oncologica dicono “sto meglio di prima, ora mi prendo tempo per me stesso e prima invece lavoravo e basta”, mentre ciò non accade molto facilmente se non si sta male fisicamente. La malattia impone ed evidenza i nostri limiti fisici, mentre quando stiamo bene tendiamo a pensarci un po’ onnipotenti.
Lungi da me l’esser moralista o il giudicare alcuno, anzi è proprio l’opposto il mio intento, è un tentativo di analisi superpartis. Ed è proprio questo ciò che riscontro nella pratica clinica di tutti i giorni (includo anche me stessa in questo ragionamento, ovviamente).
Perché non riusciamo a mettere sempre al primo posto il nostro benessere in senso lato? Perché non siamo stati educati a questo? E perché non educhiamo a nostra volta i nostri figli a questo?
Perché ci accorgiamo sempre troppo tardi delle priorità?
Ed ecco che da questa sfaccettata esperienza a contatto col disagio psichico e fisico, nasce ad esempio l’idea ed il progetto di prevenire e non solo di curare
Di lavorare su di sé anche quando non si ha bisogno esplicito di Psicoterapia o non si è ammalati fisicamente. L’idea di proporre percorsi di “crescita personale” come di solito vengono chiamati, o di consapevolezza, come preferisco chiamarli, ha proprio l’obiettivo di aiutare a prendersi i propri tempi, a costruire il proprio benessere profondo prima che ci siano situazioni di emergenza che ci costringono a fare i conti con i nostri limiti: fisici e temporali.
Ha l’obiettivo di far viaggiare dentro di sé, per il semplice fatto che è bellissimo (beh, non sempre in realtà) farlo e di prevenire l’insorgere di disagi psicologici o psicopatologici, di aiutare a dare un senso ai nostri diversi aspetti. Ad esempio rispetto alla dimensione delle paure spesso si vede che esse sono tanto più forti quanto più è forte il desiderio di ciò che temiamo. Cito Jovanotti, con la frase “la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare”…. queste scoperte indubbiamente sovvertono ciò che siamo abituati a pensare di noi.
E allora sii, viaggiare, evitando le buche più dure, accendendo i fari per poter illuminare… da soli o in comitiva, guidati da qualcuno o in totale autonomia, ma viaggiare, provare, tentare, a volte sbagliar strada e allora ricominciare, a volte inciampare e allora rialzarsi, a volte con una meta precisa, altre con l’idea semplicemente di scoprire, con curiosità e pazienza quanti meravigliosi tramonti e albe ci siano anche dentro di noi….. perché “anche dopo la notte più buia” sorge sempre il sole. (cit.K.Gibran)
EleonoraCasonPsicologa